25 dicembre... ei fu...
Ei fu. Siccome immobile,
Dato il mortal sospiro,
Stette la spoglia immemore
Orba di tanto spiro,
Così percossa, attonita
Senigallia al nunzio sta,
Muta pensando all'ultima
Ora dell'organizzazion fatale;
Né sa quando una simile
Orma di piè mortale
La sua festosa polvere
A calpestar verrà.
Lei folgorante in solio
Vide la mia sbornia e tacque;
Quando, con vece assidua,
Cadde, risorse e giacque,
Di mille bute al sònito
Mista la sua non ha:
Vergin di servo encomio
E di codardo oltraggio,
Sorge or commosso al sùbito
Sparir di tanto raggio;
E scioglie all'urna un cantico
Che forse non morrà.
Da Marzocca alle Piramidi,
Da Scap'zan a Marotta,
Di quel securo il fulmine
Tenea dietro alla botta;
Scoppiò da Valencia ai bagni,
Dall'uno all'altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
L'ardua sentenza: nui
Chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
Del creator suo spirito
Più vasta orma stampar.
La baldanzosa e trepida
Gioia d'un gran disegno,
L'ansia d'un cor che indocile
Serve, pensando al regno;
E il giunge, e tiene un premio
Ch'era follia sperar;
Tutto ei provò: la gloria
Maggior dopo il bordello,
La danza e la vittoria,
La pizzaria e il gaio ostello;
Mille volte nella sabbia,
Mille volte a far ballar.
Ei si nomò: due locali,
L'un contro l'altro armato,
Sommessi a lui si volsero,
Come aspettando il fato;
Ei fè barista, e musico
S'assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell'ozio
Aprì in sì breve sponda,
Segno d'immensa ingordigia
E di avidità profonda,
D'inestinguibil odio
E d'indomato amor.
Come sul capo al naufrago
L'onda s'avvolve e pesa,
L'onda su cui del misero,
Alta pur dianzi e tesa,
Scorrea la vista a scernere
Prode remote invan;
Tal su quell'alma il cumulo
Delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri
Narrar se stesso imprese,
E sull'eterne pagine
Cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
Morir d'un giorno inerte,
Chinati i rai fulminei,
Le braccia al sen conserte,
Stette, e dei dì che furono
L'assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
Tende, e i percorsi banchi,
E il lampo de' manipoli,
E l'onda dei gran balli,
E il concitato imperio
E il celere ubriacar.
Ahi! Forse a tanto strazio
Cadde lo spirto anelo,
E disperò; ma valida
Venne una man dal cielo,
E in più spirabil aere
Pietosa il trasportò;
E l'avviò, pei floridi
Sentier della speranza,
Ai campi eterni, al premio
Che i desideri avanza,
Dov'è silenzio e tenebre
La gloria che passò.
Bella Immortal! Benefica
Fede ai trïonfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
Ché più superba altezza
Al disonor della Finanza
Giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
Sperdi ogni ria parola:
Il Dio che atterra e suscita,
Che affanna e che consola,
Sulla deserta coltrice
Accanto a lui posò.
1 commento:
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